“Dalla relazione della Dia per il primo semestre 2021 emergono utili indicazioni da cogliere anche per mafiosi e camorristi che sono in carcere.
I magistrati della Dia mettono in guardia: “è sempre più frequente l’uso dei social network per condividere messaggi testuali e frammenti audiovisivi espliciti di ispirazione camorristici”.
E ancora: “forte è il rischio che l’identità mafiosa possa prendere il sopravvento anche attraverso la credibilità e l’autorevolezza del profilo social che esalta e diffonde la reputazione criminale del soggetto con lo status di uomo di camorra”.
L’uso dei telefonini dal carcere dunque, con i continui ritrovamenti specie dalle sezioni in cui sono detenuti i 41 bis, non è solo uno strumento per impartire gli ordini sui territori ma anche per rafforzare l’immagine dei capi clan e famiglie”.
È quanto evidenzia il segretario generale del S.PP. – Sindacato Polizia Penitenziaria – Aldo Di Giacomo per il quale “si conferma la necessità di contrasto all’uso dei telefonini e di rendere effettiva la detenzione per i 41 bis.
Non vorremmo che con la “storica” sentenza della Consulta – che dichiara “illegittimo” il visto di censura della corrispondenza tra mafiosi al 41- bis e i loro avvocati – riprendesse forza il tentativo, mai del tutto superato, di rendere la detenzione per i 41-bis al pari della detenzione normale o da albergo a quattro stelle.
Inoltre, come nelle relazioni precedenti della Dia, c’è la conferma che le scarcerazioni di capi clan ed affiliati, spesso per effetto di sentenze della Cassazione come accaduto di recente a Napoli, possono rappresentare l’occasione per rinsaldare gli assetti criminali soprattutto in quelle aree caratterizzate da vecchie faide tra clan rivali, sino a quel momento latenti proprio per effetto della detenzione in carcere dei loro vertici.
Più in generale, il ritorno nel territorio per effetto delle scarcerazioni di personaggi di particolare caratura criminale – spiegano i magistrati – è destinato ad avere importanti ripercussioni sulle dinamiche interne ed esterne ai clan.
Ci sono dunque – dice Di Giacomo – lezioni da cogliere perché come abbiamo sempre sostenuto la lotta a mafia, camorra, ‘ndrangheta si fa anche nelle carceri dove l’attività criminale prosegue e si intensifica la sfida allo Stato per dimostrare che il dentro e fuori comandano sempre loro”.