La brutale violenza sessuale contro un detenuto a Regina Coeli-Roma ha “scoperchiato” una situazione che noi denunciamo da anni: sono decine e decine, ogni anno, i casi di violenze sessuali, sopraffazioni, umiliazioni subite da compagni di cella.
Forse solo l’1 per cento delle violenze sessuali in carcere viene denunciato, per paura, vergogna, con i più deboli costretti a pagare l’assenza di misure di tutela personale.
È il commento di Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria. Ma – aggiunge – la situazione è più grave di quanto raccontano i giornali, per altro solo di fronte ai pochissimi casi che vengono fuori.
Le possibilità di chi si trova in carcere non sono uguali per tutti, così chi ha più forza fisica, economica e mentale riesce a imporsi sugli altri. Di conseguenza c’è chi scambia vino, medicine, anche oggetti personali, per sesso.
Una situazione che va di pari passo con l’aumento delle violenze sessuali, che non vengono denunciate quasi mai, perché i detenuti hanno paura di continuare ad essere “prede” degli altri carcerati e perché si temono altre ritorsioni.
Le conseguenze per i detenuti che subiscono la violenza – continua Di Giacomo – sono devastanti specie a livello psichico sino a tentativi di suicidio e forme di autolesionismo.
C’è poi l’emergenza diffusione di malattie infettive come l’Hiv che già ha raggiunto livelli allarmanti con alcune migliaia di detenuti (in gran parte tossicodipendenti) che risultano Hiv positivi, a cui si aggiungono i portatori attivi del virus dell’epatite B ed altre malattie a trasmissione virale. Il nostro sindacato – aggiunge Di Giacomo – ha così a cuore questi temi e si è battuto per un tavolo “sanità penitenziaria” al Ministero della Salute con funzionari ed esperti per affrontare anche i rischi che si ripercuotono sul personale.
Continuiamo a sostenere che va urgentemente rivisto il cosiddetto sistema della “sorveglianza dinamica” che non consente di attuare controlli adeguati e misure di prevenzione in particolare contro gli stupri.
È evidente che se fuori dal carcere stenta ad affermarsi la denuncia di violenze sessuali nel carcere questa tendenza è ancora più negativa per una serie di motivazioni che gli esperti hanno più volte indicato.
Un fenomeno rispetto al quale l’Amministrazione Penitenziaria volutamente non è in grado di fornire dati specie se si pensa allo “scambio di sesso” di detenuti tossicodipendenti o alcolisti in cambio di psicofarmaci e alcol”.
La regione che sembra avere il numero più alto di violenze è la Campania con 20 casi denunciati l’anno, seguita dalla Sicilia con 14.