“Nella strage silenziosa dei suicidi in carcere, quello delle ultime ore del detenuto, con problemi mentali, che si è impiccato a Bologna, il 59esimo dall’inizio dell’anno, testimonia che i detenuti fragili, quelli con patologie psichiatriche come i tossicodipendenti, abbandonati a sé stessi e senza cure, sono i più esposti al rischio suicidio”.
Ad affermarlo è il segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo annunciando che domenica mattina sarà davanti al carcere di Bologna in continuazione con lo sciopero della fame e le iniziative di protesta avviate da due settimane.
“Sono certo che anche questa volta non mancheranno le parole di cordoglio e commozione da parte del DAP ma sono altrettanto certo – aggiunge – che mancheranno, come sono mancati in questa prima settimana ufficiale di campagna elettorale, interventi di politici e candidati ormai tutti decisi a non aprire bocca sulla drammatica situazione delle carceri.
Intanto qualche numero: la presenza di detenuti definiti “tossicodipendenti” è di circa 18mila (poco meno del 30% del totale); il 13% del totale della popolazione detenuta ha una diagnosi psichiatrica grave, in numeri assoluti significa oltre 7 mila persone.
Con queste persone particolarmente fragili, sia nel 2021 che nel 2022, la media di assistenza psichiatrica e psicologica si attesta intorno alle 10 ore settimanali ogni 100 detenuti per gli psichiatri e intorno alle 20 ore settimanali ogni 100 detenuti per gli psicologi.
È arrivato il momento – afferma Di Giacomo – che la presenza di “detenuti tossicodipendenti” e “detenuti psichici” si affronti nei modi e con gli strumenti più idonei, perché il carcere non può diventare il “ghetto sociale” nel quale liberarsi di persone con specifiche problematiche sino a lasciarle morire.
E non sono sufficienti circolari del DAP e programmi di prevenzione. La prevenzione suicidi è possibile a condizione che l’Amministrazione Penitenziaria voglia realmente praticarla. Come sindacato è da tempo che abbiamo proposto l’istituzione di Sportelli di sostegno psicologico, tanto più contando su almeno 3 mila laureati in psicologia che nel nostro Paese non lavorano con continuità.
Come per il personale penitenziario che continua a dare prova di impegno civico è sicuramente utile attivare corsi di formazione ed aggiornamento per essere maggiormente preparati ad affrontare casi di autolesionismo e suicidio, oltre naturalmente a provvedere rapidamente all’atteso potenziamento degli organici”.
“Uno Stato che non riesce a garantire la sicurezza del personale e dei detenuti testimonia di aver rinunciato al suoi dovere civico fondamentale: le persone in custodia non devono essere abbandonate a sé stesse”.