“Non è la prima volta che si scoprono detenuti tra i percettori del reddito di cittadinanza.
Ma l’inchiesta condotta dai Carabinieri di Roma ha dell’incredibile.
Alcuni dei beneficiari del Reddito risultano gravemente indiziati di far parte di un’associazione per delinquere di stampo mafioso per aver costituito una associazione “locale” di ‘ndragheta con base tra Anzio e Nettuno, riuscendo ad infiltrarsi anche nelle pubbliche amministrazioni e gestendo operazioni di narcotraffico internazionale. È evidente che qualcosa non funziona”.
Ad affermarlo il segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo che aggiunge: “senza entrare nel merito del dibattito in corso nel Paese sulla conferma o riforma del Reddito di Cittadinanza da questa come da altre vicende di cui si sono occupati i media insieme allo sconcerto si impone l’esigenza di mettere freno a questa doppia illegalità.
Perché – dice Di Giacomo – non c’è solo illegalità nel percepire un beneficio non dovuto ma si premiano criminali appartenenti a clan ed organizzazioni mafiose.
Gli strumenti per intervenire ci sono tutti e vanno messi in moto.
È un segnale di legalità di cui il carcere, dove ancora si afferma la “legge di comando” di boss e capo clan che continuano a dare ordini con i telefonini in cella, ha assoluto bisogno.
È un segnale anche per i servitori dello Stato, il personale penitenziario, che vive di uno stipendio tra i più bassi in Europa, lavora in condizioni di grave stress ed è costretto a difendersi dalle continue aggressioni.
Forse tagliare il Reddito di Cittadinanza a quanti non ne hanno diritto consentirebbe risparmi e impedirebbe di tagliare, come sta avvenendo attraverso la Legge Finanziaria, proprio sul personale penitenziario”.