“Le ipotesi sul tavolo del Governo di alzare – a partire dal 1° gennaio 2025 – dagli attuali 60 anni a 63 anni l’età pensionabile per il personale penitenziario, come per tutti gli appartenenti ai diversi Corpi delle Forze Armate, provoca una forte indignazione e non può che allarmarci. Non è questo che ci aspettiamo dal Governo Meloni specie dopo le dichiarazioni programmatiche della Premier all’atto di insediamento quando parlò di rinnovato interesse per il personale penitenziario”.
Così Aldo Di Giacomo, segretario del S.PP. – Sindacato Polizia Penitenziaria – annunciando l’immediata reazione del sindacato e del personale tutto.
Nel sottolineare che con la circolare 28/2022 l’INPS ha chiarito che i criteri per l’accesso alla pensione del personale che fa parte delle Forze Armate e della Polizia, non cambieranno nei prossimi due anni (l’ultima modifica era stata introdotta dall’Istituto il 1 Gennaio del 2019), Di Giacomo aggiunge che ad oggi il numero medio annuo di cessazioni dal servizio per pensione di anzianità è intorno alle 400 unità a cui si aggiunge quello relativo ai riformati (poco meno di 500 unità) e quello dei cessati dal servizio, per una media complessiva che supera il migliaio di agenti l’anno.
Dovrebbero essere ben note le particolari condizioni di lavoro del Corpo che per gli effetti della carenza di organico e di una situazione sempre più difficile come riprovano le quasi quotidiane aggressioni da parte di detenuti sono diventate sempre più stressanti e pericolose.
Per questo rinnoviamo l’appello a Governo e Parlamento perché non si colpiscano i servitori dello Stato penalizzandoli pesantemente in aggiunta di già gravi penalizzazioni e discriminazioni rispetto a tante categorie di lavoratori statali”.
L’S.PP. – conclude Di Giacomo – avvierà iniziative di protesta e mobilitazione anche con intese con sindacati degli altri Corpi delle F.A.
