Tra detenuti che evadono durante l’ora d’aria, come è accaduto nel caso del marocchino fuggito dal carcere di Lodi, al pregiudicato romano di 30 anni che ha avuto un desiderio così irrefrenabile di uscire da casa per fare due rapine in pochi minuti, che non è gli è importato nulla che stesse agli arresti domiciliari con tanto di braccialetto elettronico applicato al polso, sino al caso dello stalker, che aveva quasi ucciso la ex compagna di Bagheria e rischia di finire agli arresti domiciliari senza alcun controllo, libero di tornare a farle del male, perché non ci sono più braccialetti elettronici disponibili, la realtà è che in galera o si evade con facilità o non ci va più nessuno. È quanto afferma Aldo Di Giacomo, segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) riferendo che dall’inizio del 2016 ad oggi si sono verificati circa 140 casi tra evasioni da istituti penitenziari, evasioni da permessi premio, evasioni da lavoro all’esterno, evasioni da semilibertà, mancati rientri di detenuti. Come Sindacato da tempo abbiamo promosso la campagna “chi è la vittima e chi è il carnefice” e per questo – aggiunge – condividiamo la valutazione dell’avvocato Elisabetta Aldrovandi, presidente dell’Osservatorio nazionale sostegno vittime, che ha spiegato: «Il braccialetto elettronico serve per controllare gli spostamenti dell’imputato. Dal momento che questo non è disponibile non si può pensare che la semplice misura alternativa al carcere sia sufficiente per tutelare la vittima ed evitare un possibile femminicidio». I casi di omicidio nei confronti di donne, peraltro, sono in continuo aumento. A proposito dei braccialetti elettronici che in questi anni è stato considerato dal Ministro della Giustizia Orlando, in maniera semplicistica ed estemporanea, come la “soluzione” del gravissimo problema del sovraffollamento delle carceri, continuiamo a denunciare il “business”. Secondo i dati aggiornato al 31 maggio 2017, le ordinanze adottate dalla magistratura per l’attivazione dei braccialetti elettronici raggiungevano un totale di 12.539, 121 in lista di attesa e 30 in attivazione pianificata. Ma si omette di dire agli italiani – segnala Di Giacomo – che i costi sin qui sopportati sono stati ingenti: secondo dati forniti in Parlamento si sono spesi oltre 175 milioni di euro con risultati di fughe facilitate. Inoltre il costo giornaliero in Italia è di oltre 100 euro mentre in Gran Bretagna, per fare un paragone, si spendono appena 7 euro. Tutto ciò mentre il ministero dell’Interno ha concluso l’iter per l’assegnazione della gara (la spesa preventivata è di 45 milioni di euro) e la gestione di mille braccialetti al mese che l’autorità giudiziaria avrà a disposizione. Si tratta di 12 mila braccialetti elettronici all’anno di nuova tecnologia con gps. Con tutti questi soldi – commenta Di Giacomo – si sarebbe potuto finanziare un piano di interventi di urgenza se non in tutti gli istituti penitenziari sicuramente in buona parte di essi. Altro che “percorso rieducativo” del detenuto! E poi: perché non fare pagare il costo al detenuto o alla sua famiglia? La mancata sicurezza nei nostri istituti di pena – conclude – produce gravissimi problemi al personale che lavora negli istituti penitenziari, dove atti di violenza tra detenuti, di cui l’ultimo caso in ordine di tempo è la violenta rissa nel carcere di Matera tra detenuti tarantini e baresi, sedata dal personale di polizia penitenziaria, hanno avuto un incremento del 700% e ogni giorno 12 poliziotti in media sono costretti a ricorrere alle cure di sanitari.