“Quanto tempo resteranno in carcere i sei rom arrestati a Foggia, autori di reati efferati quali riduzione e mantenimento in stato di servitù, induzione e sfruttamento della prostituzione minorile e sequestro di persona ai danni di giovani ragazze minorenni? È la domanda – dice Aldo Di Giacomo segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) – che ci poniamo dopo aver assistito a troppe scarcerazioni facili o comunque brevi detenzioni in cella per non parlare dei più diffusi arresti domiciliari.
Le cronache dei giornali come i servizi televisivi sul campo nomadi di Foggia, un autentico lager per le ragazzine – aggiunge – riferiscono di una situazione che fa accapponare la pelle, che provoca indignazione e rabbia. Sono sentimenti diffusi tra tutti gli italiani a cui devono seguire iniziative ed azioni concrete come la “campagna” che il S.PP. ha promosso da mesi per superare l’assurda condizione del nostro Paese dove non c’è più distinzione tra vittime e carnefici. Nessuna clemenza dunque nei confronti dei responsabili – ribadisce Aldo Di Giacomo – In troppi casi si adottano provvedimenti giudiziari che non rispondono alla domanda di un Paese democratico e civile di fare vera giustizia; nel caso dei rom vanno espulsi e rispediti al proprio Paese. Nelle nostre carceri i detenuti romeni, specie per reati contro la persona, rappresentano oltre il 15% del totale degli stranieri e subito dopo i marocchini costituiscono il gruppo straniero più numeroso e tra gli autori di aggressioni al personale penitenziario o protagonisti di risse specie tra detenuti di altre etnie. Quanto alle vittime – aggiunge – non si sottovaluti che le ragazzine affidate a centri e strutture di protezione vivono un secondo calvario per non parlare del complesso iter burocratico di adozione o affido familiare.La nostra campagna – evidenzia il segretario – affronta anche i numerosi casi di maltrattamenti e violenze a bambini, disabili ed anziani in asili, scuole di infanzia, strutture socio-assistenziali per rivendicare, proprio come nel caso dei rom aguzzini di Foggia, assoluta severità in modo da affermare la netta distinzione tra vittime e carnefici, distinzione che purtroppo nel nostro Paese è sempre più labile.